Il caso di Caselle e l’importanza di una corretta terminologia aeronautica


Il recente incidente avvenuto presso l’aeroporto di Caselle, nei pressi di Torino, ha riportato l’attenzione sull’aviazione leggera. Come spesso accade in questi casi, molte testate giornalistiche si sono affrettate a riportare la notizia parlando di un “ultraleggero” coinvolto nell’atterraggio d’emergenza. Tuttavia, in questo caso — come in molti altri — si tratta di un errore che non è affatto secondario. L’aereo protagonista dell’incidente non era affatto un ultraleggero, bensì un velivolo di aviazione generale, appartenente a una categoria tecnica ben distinta, con caratteristiche, finalità e regolamentazioni profondamente diverse.
La confusione tra le due tipologie è molto diffusa, ma è doveroso da parte degli organi d’informazione fare chiarezza, perché la corretta terminologia non è solo una questione di precisione tecnica, ma anche di rispetto per il lettore e di responsabilità comunicativa.
Cosa si intende per “ultraleggero”?

Nel linguaggio aeronautico italiano, con “ultraleggero” si intende un velivolo appartenente alla categoria del volo da diporto o sportivo (VDS). Questi mezzi sono progettati per essere estremamente leggeri e semplici, e vengono utilizzati quasi esclusivamente per attività ricreative. I limiti strutturali e normativi sono chiari: un peso massimo al decollo di 450–600 kg (a seconda della normativa e della presenza di paracadute balistico), una velocità di stallo contenuta, e un numero massimo di due posti a bordo. La formazione per pilotarli è snella e dedicata esclusivamente al VDS, con regole operative semplificate e restrizioni sul tipo di spazio aereo in cui possono volare.
Cos’è l’aviazione generale?

L’aviazione generale (general aviation), invece, comprende una gamma molto più ampia e diversificata di velivoli e di operazioni. Rientrano in questa categoria aerei monomotore e bimotore più pesanti, utilizzati per scopi privati, addestramento, trasporto personale, lavoro aereo, aerotaxi, voli sanitari o di sorveglianza. Questi aeromobili sono spesso immatricolati come aeroplani a tutti gli effetti e volano secondo le regole dell’aviazione civile, con requisiti stringenti in termini di manutenzione, certificazioni e addestramento del pilota.
Nel caso dell’incidente a Caselle, il velivolo coinvolto non era affatto un ultraleggero, ma un aereo di aviazione generale. Tuttavia, la maggior parte degli articoli lo ha definito erroneamente come tale, contribuendo a generare confusione tra il pubblico.
Perché è importante chiamare le cose con il loro nome
Etichettare ogni aereo piccolo come “ultraleggero” è un errore tanto comune quanto grave. Innanzitutto, perché veicola un’immagine fuorviante: l’idea di un velivolo semplice, poco performante, magari gestito da un pilota poco esperto. Ma soprattutto perché queste imprecisioni compromettono la comprensione corretta dei fatti. Le norme che regolano la sicurezza, le autorizzazioni, le responsabilità in caso di incidente, sono completamente diverse tra le due categorie. Parlare genericamente di “ultraleggero” in un contesto dove sono coinvolti aerei certificati può distorcere la percezione delle cause e delle dinamiche reali.
Inoltre, sul piano pubblico e normativo, una narrazione imprecisa può contribuire a creare pregiudizi o allarmi ingiustificati verso il mondo del volo sportivo, che in Italia conta migliaia di appassionati e centinaia di operatori seri e regolamentati.
Il dovere dell’informazione tecnica
I giornalisti non sono tenuti a essere ingegneri aeronautici, ma hanno il dovere di consultare fonti attendibili e di evitare semplificazioni eccessive. In casi come questo, basterebbe chiedere alle autorità aeroportuali, agli enti regolatori (come ENAC o l’Aero Club d’Italia), o anche a fonti esperte nel settore aeronautico, per fornire una descrizione corretta del tipo di velivolo coinvolto. In alternativa, evitare termini tecnici non verificati è sempre preferibile al rischio di dare un’informazione errata.
Una proposta per migliorare la qualità dell’informazione
Proprio per promuovere una divulgazione più accurata e responsabile, ci siamo presi carico di contattare le redazioni che hanno pubblicato informazioni errate, offrendo chiarimenti tecnici e documentazione utile. L’obiettivo non è puntare il dito, ma collaborare per una comunicazione più chiara e veritiera.
Per facilitare questo processo, proponiamo anche un Modello di lettera da inviare alle redazioni ogni volta che riscontriamo imprecisioni su questo tema. Si tratta di uno strumento semplice, pensato per chiunque — piloti, appassionati, operatori del settore — desideri contribuire in modo costruttivo a migliorare la qualità dell’informazione aeronautica in Italia.
Chiunque voglia ricevere o utilizzare questo modello può contattarci: ogni segnalazione responsabile è un passo verso una cultura del volo più rispettata e meglio raccontata.
L’accuratezza terminologica è una forma di rispetto verso chi legge e verso chi vola. In un’epoca in cui ogni notizia viaggia veloce e le immagini possono essere travisate in pochi secondi, la precisione non è un lusso, ma una responsabilità. Chiamare un aereo “ultraleggero” solo perché è piccolo è come definire un motoscafo da gara una “barchetta”. In entrambi i casi si sminuisce la complessità tecnica, si banalizza l’evento e si deforma la realtà.
Noi crediamo che anche il giornalismo aeronautico meriti esattezza, e siamo pronti a fare la nostra parte per sostenerla.